
Ci sono storie che non hanno bisogno di tanti preamboli, ma ti colpiscono dritte al cuore. Una di queste è la storia di Giulia Lamarca, una ragazza semplice, con gli occhi pieni di vita e una voglia irrefrenabile di girare il mondo.
Niente di nuovo direte voi, se non fosse che Giulia ha perso l’uso delle gambe ed è in carrozzina da quasi 8 anni ormai.
Eppure, questo tragico incidente che avrebbe scalfito psicologicamente diverse persone, non ha impedito a Giulia di coronare un suo grande sogno: viaggiare per il mondo insieme al suo compagno di vita e di avventure, Andrea.
A 27 anni si è rimessa in gioco e ha deciso di raccontarci la sua incredibile storia in un’intervista. Un limpido esempio di coraggio, perseveranza e tanta, tanta forza d’animo.
Sommario
Ciao Giulia! Presentati ai nostri lettori e raccontaci chi sei e di cosa ti occupi
Ciao ragazzi, sono una psicologa un po’ anomala! Ad oggi non lavoro in una stanza con la poltrona ma lavoro come consulente per aziende per la gestione e ideazione di comunicazione specifica, di user experience sia per siti che app. Mi occupo di formazione in ambito del disability management.
Impossibile non chiederti del tuo incidente del 2011. Com’è successo? Hai ricordi dell’accaduto?
Ricordi… molti meno di quanto ho raccontato ai miei parenti per spiegare quello che in realtà è impossibile accettare.
Ricordo pochi elementi ma molto vividamente. La lancetta del contachilometri che diceva che andava più veloce del consentito e il rumore del cavalletto, delle luci dell’ambulanza e basta.
Ero in scooter, guidava un mio amico e siamo scivolati facendo una curva. Lui ha sempre raccontato che ha perso il controllo dello scooter. Da lì siamo caduti ed io sono rimasta a terra.
Insomma non mi sono più alzata finché non è arrivata l’ambulanza.
Sappiamo che durante i 9 mesi in ospedale hai conosciuto Andrea, il tuo futuro marito. È stato amore a prima vista? Quanto è stato importante nel tuo percorso di riabilitazione e di crescita
No, non è stato amore a prima vista. Cioè, lui mi è sempre piaciuto ma io non avevo la testa per vedere in un ragazzo con la divisa d’ospedale qualcuno a cui fare il filo e per il quale avere una cotta. Poi lui era ancora un tirocinante e non era visto di buon occhio avere relazioni con i pazienti!
Però alla fine, una cosa tira l’altra, e siamo usciti insieme. Da quel momento, lui è l’unica persona al mondo che sa tutto di me in quel periodo. È stato fondamentale per il mio percorso di crescita personale e di accettazione della nuova vita che avevo davanti.
È stato il mio eroe e l’unica persona di cui mi fido veramente per raccontargli davvero le mie difficoltà nella vita.
Passiamo a una delle tue grandi passioni: i viaggi. Già prima dell’incidente viaggiavi molto o hai cominciato dopo?
Viaggiavo con i miei genitori in camper, ma mai fuori dall’Europa. La passione per viaggi è arrivata lentamente, viaggio dopo viaggio.
Ho iniziato ad avere sete di conoscere le altre culture in ospedale. Mi sono resa conto in quell’ambiente che su molte cose ero ignorante, quindi ho deciso di andare a vedere con i miei occhi varie realtà del mondo.
Com’è cambiato il tuo approccio con i viaggi dopo l’incidente?
Durante i primi viaggi avevo molta paura. Cercavamo di indagare molto e non avere il “sapore” di zaino in spalla ma di una buona pianificazione.
Poi, dopo i primi due, ho capito che potevo rompere gli schemi e superare le mie paure e siamo arrivati ad oggi a fare i bravi backpackers.
Ora ci fidiamo delle persone locali che incontriamo nei viaggi, di chi ci guarda e vuole aiutarci. Il viaggio è un’esperienza di gruppo secondo noi, si fanno molti nuovi incontri e ci sono persone che ti accompagnano per un certo tratto.
Quando è nata l’idea di creare My Travels The Hard Truth, un blog in cui raccontare le tue esperienze di viaggio? E perché?
Precisamente l’idea ha preso forma tra agosto e settembre 2018. Volevamo raccontare personalmente ciò che mi ha fatto tornare il sorriso e la voglia di vivere.
Poi dare la possibilità alle persone di fare le stesse cose e di conoscere cosa davvero è possibile fare o meno e come. Il mondo del turismo accessibile secondo me sarà il futuro dei viaggi.
Abbiamo notato che sei stata in tantissimi Paesi e città del mondo. Qual è stato il viaggio più significativo fino adesso? E quello che ti ha deluso maggiormente?
Significativo: Giappone e India. Il Giappone per cultura ed agibilità, la loro gentilezza è sublime. L’India per i riti e la religione. è qualcosa di inspiegabile se non provato sulla propria pelle.
Delusa forse da New York City. Ci aspettavamo molto di più, ma vorremmo tornarci verso Natale per capire se forse ad agosto non fosse il momento migliore di visitarla.
E quali sono invece le difficoltà che hai maggiormente riscontrato nel viaggiare dopo l’incidente?
Conoscere le informazioni necessarie. Molte cose ancora non esistono, l’accessibilità è ancora un grande problema ma la difficoltà più grande rimane come reperire le informazioni che ti servono.
Raccontaci un aneddoto in particolare che ti è capitato durante uno dei tanti viaggi
A Machu Picchu, quando siamo arrivati in cima di mattina, c’erano delle persone che avevamo partecipato ad un trekking di corsa per il sito archeologico.
Ricordo che quando ci hanno visti tutti sudati (quanto loro) hanno iniziato a batterci il cinque. È stato bellissimo e mi sono sentita come se avessimo vinto un’olimpiade e partecipato tutti alla stessa impresa.
Ci battevano il cinque e dicevano: “pazzi, come avete fatto? Pazzi e bravi!!”. Fu un’emozione pazzesca!
Hai già in mente la prossima destinazione in cui andrai insieme ad Andrea?
Sì, domenica 4 agosto partiamo per un viaggio tra Singapore, Malesia e Indonesia. Staremo via quasi un mese.
In Indonesia andremo a Raja Ampat per fare snorkeling e magari anche sub… Non vediamo l’ora!
Seguitela per non perdere le sue avventure in giro per il mondo!