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Cultura del grano in Sardegna-spighe

La Sardegna è un’isola in cui la simbiosi tra il popolo e la propria terra di appartenenza si rivela molto accentuata. E, all’interno del ricco bacino della cultura sarda, ecco che spicca la cultura del grano in Sardegna, fatta da riti e tradizioni unici e alquanto particolari e interessanti da approfondire.

Proprio la cultura del grano è arrivata sino agli anni ’70 ed è completa e facilmente trasmissibile di generazione in generazione. Non è un caso, infatti, se anche i giovani di oggi conoscono queste tradizioni e le mettano in pratica quotidianamente.

Preparati dunque a scoprire insieme a noi 3 riti e tradizioni legate alla cultura del grano in Sardegna!

Cultura del grano in Sardegna: riti e tradizioni che non conoscevi

Su Nenniri

foto di Roberto Murgia

 

Il primo rito che ti illustriamo riguarda non solo la coltura del grano, ma anche la cultura di esso nella zona del Campidano, in Sardegna, dato che molti usi e costumi derivano proprio dalla stagionalità del grano. Infatti l’assetto agrario veniva, e viene tuttora, modificato in base alla stagionalità del grano.

In questo caso il rito riguarda Su Nenniri. Si tratta nella fattispecie di un recipiente che contiene cotone e semi di grano, il quale va posizionato in un posto al buio (ad esempio sotto il letto, o dentro un armadio), così che il grano produca germogli lunghissimi.

Dopo che i semi di grano danno alla luce i germogli, si porta Su Nenniri alla cappella del Cristo che, secondo gli studiosi coincide anche con il culto dei giardini di Adone. Quest’ultimo, infatti, venne ucciso durante una battuta di caccia e Zeus concesse di farlo rinascere una volta all’anno in primavera.

Sul sepolcro di Adone nasce così il culto secondo cui coloro che lo rispettano seminano i cereali e legumi con il grano, portando questo piccolo giardinetto (Su Nenniri) al sepolcro per farlo rinascere. La stessa cosa accade in seguito con Gesù, creando una sovrapposizione non indifferente. È così che si è iniziato a celebrare sia il culto di Adone che di Gesù, portando Su Nenniri al sepolcro, con l’obiettivo di farli rinascere entrambi.

S’ogu liau

Cultura del grano in Sardegna-spighe

foto di Roberto Murgia

La seconda tradizione che riguarda la cultura del grano in Sardegna è totalmente differente invece. In una società basata sulla sussistenza, in cui ciascuno ha bisogno dell’altro, si pensa che chi eccelle in un particolare campo venga colpito da un male sociale. Per curare questo male sociale è necessario l’intervento della comunità e, in particolare, di una medicina: S’ogu liau.

Il termine significa “preso doppio“, ovvero che chi sta uscendo dal gruppo viene preso dalla comunità due volte. Infatti ed è scorretto chiamarlo malocchio alle orecchie dei sardi.

S’ogu liau in pratica funziona in questo modo. Se una persona presenta dei sintomi (come ad esempio mal di testa) questa va da chi possiede la medicina del S’ogu liau. In questo modo si prende un chicco di grano, che rappresenta l’occhio, si buttano tre chicchi con 3 pietre di sale e mezzo bicchiere d’acqua. In seguito si mette la mano a taglio sul bordo per tre volte, facendo il segno della croce e la diagnosi era la seguente.

Cultura del grano in Sardegna-grano-spighe

foto di Roberto Murgia

 

Se si formano delle bollicine nel chicco si chiamano lacrime (dato che il chicco è l’occhio) e, a seconda della posizione in cui si trovano le bolle, si può capire se la persona è colpita dal male alla testa o alla pancia. Infatti i bordi del chicco rappresentano la testa, il centro la pancia, mentre il numero di bollicine indica quante persone hanno fatto la maledizione.

Per far passare questo male sociale si aggiungono così quattro chicchi ulteriori di grano e quattro pietre di sale grosso, dicendo un’altra preghiera: ecco il meccanismo della medicina S’ogu liau.

Il patto tra uomo e uccelli

foto di Roberto Murgia

L’ultima delle tradizioni riferite alla cultura del grano in Sardegna che affrontiamo parla proprio del rapporto tra la cultura e il territorio, in particolare il campo di grano. Quando le spighe erano pronte, ma gli uccelli non avevano ancora beccato, nasceva la preoccupazione tra gli agricoltori. Questo perché gli stormi potevano distruggere il raccolto da un momento all’altro, ed è per questo che avveniva il patto con gli uccelli.

Una persona si alzava ad esempio all’alba e andava nel campo senza parlare con nessuno e senza fare nemmeno colazione. Dopo metteva una canna nell’angolo del campo e diceva una preghiera. Poi percorreva un lato del campo, metteva un’altra canna e diceva la stessa preghiera fino a completare tutti gli angoli e lati del campo, sancendo il patto con gli uccelli.

Il patto in questione prevedeva che l’uomo non potesse toccare il grano che lasciava agli uccelli e questi ultimi non potevano entrare a loro volta nel campo. Questo patto, dunque, portava come testimone la terra e, nel momento in cui l’uomo o gli uccelli avessero rotto il patto, la terra sarebbe intervenuta in maniera poco piacevole.

foto di Roberto Murgia

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